mercoledì 13 maggio 2015

Il cervello del porcello, poesia veneta di Gian Berra




18
Al cervel del porzel
Co vien al fret me barba Feltrin al copa
al porzel.
Sè na roba da far in tanti, anca i bocie
ghe toca laorar. Le vecie le ghe tende al fogo.
Prima i ciama al becher, par coparlo.
Lu sé pratico, non pensa a quel che al fa. Lu lo fa e basta.
I ciapa al sangue su na caliera, dopo i pica
la bestia par netarla ben.
Che bel porzel! Che san!
Cortei, anca na manera, e dopo su na gran tola
i tochi da pareciar, omi e femene insieme,
no se scherza, no.
Tento, ciapa al figà, ocio neta ben le budele!
Taiaghe ben le recie, al nas, neta ben la testa.
Meti via i oss che fon al brodo.
Ma le bale onde ele? Domanda un bocia.
Ma so mare, seria la ghe dis che i ghe le
avea taiade da ceo. ..
No la ghe dis parché. No se pol dir ai bocete cei
come fa i paroni, par no far cressar la zente.
Sul fogo caliere e tecie da tenderghe.
Pena sot al portego, i parecia i figalet
e le sopresse che le vegnarà picade.
Guai a chi le toca, gnanca vardarle!
Ma tuti saia tocheti de carne pena sfigolata.
Che bona, che sana col vin novo.
No serve al pan, gnanca al formai.
Ma la femena de Feltrin, al paron de casa,
la sa che ghe toca a ela far content al so om.
Su na tecia, ela sola la ghe tende al toco meio
del porzel.
La ghe porta la tecia diretta in tola.
Solamente par lu.
Feltrin al nasa sto tesoro e al
fraca entro al piron, al saia in boca.
Ghe ride i oci.
Al cervel del porzel sé solamente par lu.
Al magna tuto, al beve do goti de vin.
Al gode sto previlegio solamente suo.
Che bel essar al cervel de tuti, al pensa.
Ma par far sta roba, sé necessario
anca magnar un toco del cervel
de quei altri.
Gian Berra 2015
TRADUZIONE
18
Il cervello del porco.
Quando arriva il freddo mio zio
Feltrin uccide il porco.
E' una sosa da fare in tanti, anche ai bambini
tocca lavorare. Le vecchie custodiscono
il fuoco.
Prima chiamano il macellaio
per ucciderlo.
Lui è pratico, non pensa a quello che fa,
lo fa e basta.
Raccolgono il sangue su una pentola, poi
appendono la bestia per
pulirla bene.
Che bel porco! Che sano!
Coltelli, anche una accetta, e poi
su una gran tavola,
tutti i pezzi da lavorare.
Uomini e donne assieme,
non si scherza no.
Attento, prendi il fegato,
dai pulisci le budella!
Taglia le orecchie, il naso,
pulisci bene la testa.
Metti via le ossa,
che facciamo il brodo.
Ma dove sono le palle? Domanda un bambino.
Ma sua madre, seria gli dice che
gliele hanno tagliate
da piccolo...
Non gli dice il perché. non si può dire
ai bambini piccoli come
fanno i padroni a non far
crescere la gente.
Sul fuoco pignatte e padelle
da controllare.
Appena sotto il portico,
preparano le salsicce
e le sopresse che verranno appese.
Guai a chi le tocca! Nemmeno guardale!
Ma tutti assaggiano pezzetti di carne
appena sfrigolata.
Che buona, che sana col vin nuovo.
Non ci serve il pane
e nemmeno il formaggio.
Ma la donna di Feltrin, il padrone
di casa, sa che tocca a lei
far contento il suo uomo.
In una pentola, lei sola, bada al pezzo
migliore del porco.
Lei gli porta la pentola direttamente
in tavola. Solo per lui.
Feltrin annusa questo tesoro e
mette dentro la forchetta, assaggia
in bocca. Gli ridono gli occhi.
Il cervello del porco è solamente per lui.
Lo mangia tutto, beve
due bicchieri di vino.
Gode di tale privilegio,
solamente suo.
Che bello essere il
cervello di tutti, pensa.
Ma per fare così. è anche necessario
mangiare un pezzo di cervello
degli altri.
Gian Berra 2015


http://it-it.facebook.com/gian.berra



http://www.scribd.com/gianberra







Nessun commento: